(Red) – Il Consiglio di Stato ha deciso: è nulla la sentenza con la quale il TAR Lazio ha respinto il ricorso avente ad oggetto il decreto del Presidente della Repubblica del 28 febbraio 2022, con il quale è stato disposto, ai sensi dell’art. 143 TUEL, lo scioglimento del consiglio comunale di Castellammare di Stabia.
Ricordiamo, infatti, che- avverso il provvedimento di cui innanzi – avevano proposto ricorso al Tar Lazio il Sindaco Gaetano Cimmino, con un gruppo di assessori ed una folta schiera di consiglieri comunali che, in sostanza, avevano sostenuto la mancanza di presupposti e il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, oltre a contestare ed impugnare il diniego alla loro istanza di accesso agli atti del procedimento, rigetto motivato in ragione della riservatezza degli accertamenti istruttori compiuti. Il TAR aveva rigettato tutte le richieste avanzate, condannando addirittura i ricorrenti alle spese di giudizio, poiché ogni doglianza era stata ritenuta infondata attraverso un giudizio risultato quantomeno “empirico”. Ebbene, il Consiglio di Stato ha ANNULLATO la decisione in esame, in quanto “a prescindere dalle ulteriori censure svolte dagli appellanti sui fatti specifici, appare carente degli elementi minimi idonei a qualificarla, riportando il suo contenuto una motivazione meramente apparente a sostegno del non accoglimento del ricorso di primo grado”.
Secondo il Consiglio di Stato, le circostanze fattuali dovevano essere esaminate (dopo il compimento della fase istruttoria) anche alla luce delle allegazioni dei ricorrenti, e non solo con l’indicazione dell’elenco di taluni elementi indiziari sulla contiguità tra gli organi comunali e la criminalità organizzata: ad esempio, sono indicate genericamente alcune operazioni di polizia giudiziaria senza collegarle all’incidenza sui presupposti di legge per l’adozione del provvedimento impugnato o la “riscontrata rete di rapporti parentali e di frequentazioni che esisteva da taluni amministratori e esponenti delle locali consorterie”, senza un giudizio sulla loro univocità e rilevanza. Tale passaggio motivazionale, peraltro, sembra confermare quanto i difensori di fiducia degli amministratori locali hanno sostenuto anche dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata (nel giudizio avente ad oggetto l’incandidabilità di ben 14 soggetti tra Sindaco, consiglieri ed assessori), ove più volte si è sottolineata l’assoluta genericità delle contestazioni, e la mancanza di precisione e di concordanza negli scarni elementi a supporto della domanda. In conclusione, nel caso in esame, manca la presenza di requisiti minimi (motivazionali) ed addirittura si verte in una ipotesi di motivazione “meramente assertiva”. In relazione proprio all’asserita “compiutezza” (cfr. pag. 5 della sentenza appellata), deve sottolinearsi come in una materia così sensibile sul piano Costituzionale quale quella dello scioglimento di un organo politico-rappresentativo necessiti di apprestare in sede giurisdizionale (fatti salvi i limiti della riservatezza degli atti di indagine) tutte le garanzie anche sul piano istruttorio per il più ampio svolgimento delle prerogative processuali. Pertanto, la parola spetterà di nuovo al TAR che dovrà, ovviamente in diversa composizione e sezione, decidere (nuovamente) sulla vicenda. Una circostanza che ha del paradossale, considerato tutto quello che è accaduto nel corso di questo scioglimento, una decisione tra l’altro che ai più è apparsa una vera e propria “persecuzione politica” messa in campo dalle opposizioni di Csx, dai componenti della Commissione di Accesso, dai componenti politici della Commissione Provinciale per la sicurezza e l’Ordine Pubblico (attraverso le forti compulsive istanze dei politici appartenenti al Csx e 5S, fino alla valutazione della Prefettura di richiedere, con determinazione e accanimento, uno scioglimento a tutti i costi senza che vi fosse un solo atto e/o stralcio di prova che dimostrasse, in maniera tangibile e probante, la precisa volontà dell’Amministrazione di favorire l’infiltrazione delle consorterie criminali nell’apparato amministrativo dell’Ente. Inoltre, in assenza finanche di un briciolo di umanità, hanno consentito ai “midia asserviti” di colpire gli uomini e donne che svolgevano il proprio ruolo senza ponderare neanche per un attimo che, dietro a queste donne e uomini che vivono di lavoro e libere attività professionali, esistono famiglie con figli che frequentano quodidianamente le aule scolastiche e che hanno dovuto affrontare il tagliente ed infame giudizio di chi, a scuola, per strada e nei luoghi di lavoro, era indebitamente entrato in possesso della relazione Commissariale priva di omissis e completa di allegati in violazione del Segreto di Stato più volte denunciato agli organi giurisdizionali competenti ad oggi senza alcun esito che a contorno, attraverso la violazione del più elementare diritto di difesa, era stato ostinatamente negato agli stessi protagonisti della squallida vicenda loro malgrado.
Infine, è opportuno ricordare che al punto 11.3. il C.d.S. testualmente scrive: “La qualificazione dello scioglimento come “strumento di tutela avanzata” contro la criminalità organizzata non rende meno necessario per il giudice amministrativo prendere coscienza della incidenza dell’esercizio di tale potere su diritti costituzionalmente tutelati. E ciò si traduce nel dovere di esaminare con adeguato supporto istruttorio la logica del collegamento mediante la valutazione degli elementi sintomatici del condizionamento criminale che devono caratterizzarsi per concretezza, essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica, per univocità, che sta a significare la loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire, e per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 giugno 2022, n. 5460)”. Questo dato tecnico è di fondamentale e rilevante importanza, per comprendere bene il dispositivo, in altre parole la sentenza mette in evidenza che in realtà, con la procedura di scioglimento, si va a limitare il diritto costituzionale all’elettorato attivo dei cittadini, ossia negare il diritto di vedersi rappresentare dalle persone che sono state scelte attraverso il libero esercizio democratico del voto per governare la propria città, motivo per cui la valutazione degli elementi istruttori richiede un’indagine molto più pregnante e precisa.
Questo è quanto è accaduto nella nostra stravagante, bizzarra e singolare ex-città delle acque, e questo provvedimento non vorremmo che si trasformasse nella tormentata vicenda che afflisse, al fine di fargli perdere tempo prezioso, il più famoso ed eccentrico “Banana Joe” nel corso di una comica scena tratta da un divertente film adatto a tutti. Ma l’episodio citato era solo la scena di un film, mentre al contrario, questa vicenda, attiene alla storia reale di numerosi ed interi nuclei familiari di persone per bene. Si rammenta a chi della politica ne ha fatto un’attività lavorativa che con la vita delle persone non si gioca, nè si fa politica strumentale sulla loro pelle, ma questa è tutta un’altra storia!

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