(Red) – In tarda serata di ieri, in una pagina social, compare un post di una giovane donna che descrive, in maniera lucida, la storia del suo papà, dipendente OSA del presidio ospedaliero San Leonardo. Il tema? Come si contrae il Covid19 e quali sono le risposte della sanità campana, e stabiese nella fattispecie, messe in campo per combattere il contagio. Filomena, questo il nome della donna, scrive: ”Mio padre ha 66 anni e lavora presso l’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia come O.S A. Come tanti in questo periodo difficile non si è tirato indietro ed ha continuato a lavorare , nonostante la paura e, diciamo la verità, la scarsità di misure di protezione per il personale. Domenica 15 marzo, come sempre, era di turno. In ospedale quel giorno c’erano 2 persone che aspettavano l’esito del tampone, arrivato solo dopo alcuni giorni. Quelle due persone sono risultate positive al Covid 19 Armato di guanti e mascherina, come tanti suoi colleghi, mio padre ha fatto il suo dovere, servendo i pasti e facendo le pulizie nelle camere, anche dopo che i soggetti infetti sono stati trasferiti in altre struttura. Immediatamente dopo, mio padre ha iniziato a stare male con febbre a 38 °C. Ha chiamato il medico di fiducia, che gli ha detto di stare in isolamento domiciliare. Alcuni dei suoi colleghi ora sono nella stessa situazione, ma nessuno è stato sottoposto a tampone. Sono ormai 8 giorni che mio padre sta male. E nessuno , e sottolineo nessuno, ha preso qualche iniziativa a riguardo. Completamente abbandonati a noi stessi. Allora mi chiedo. Chi tutela i cittadini che svolgono un’attività divenuta pericolosa per sé e per i propri familiari? E soprattutto, cosa dobbiamo aspettare prima che sia effettuato il tampone?!
Chi corre dei rischi per aiutare gli altri facendo il suo lavoro dovrebbe essere protetto e non abbandonato a se stesso”! Una descrizione precisa che, a quanto sembra, non si discosta molto da quanto la nostra testata sta scrivendo in relazione alla risposta della sanità in una città come Castellammare. Neanche le pesanti denunce inoltrate dalle OO.SS. che, insieme alle reiterate richieste del Sindaco Cimmino, non hanno trovato né riscontri né risposte. Insomma non solo i cittadini, stritolati ed esausti da attese di tempi veramente biblici, ma anche gli operatori sanitari costretti ad attendere tempi lunghissimi nonostante quanto previsto dal DPCM di Conte che, così come in altri settori, prevede la priorità della realizzazione dei tamponi a chi lavora nell’ambiente sanitario con particolare attenzione a medici, infermieri e osa. A tal proposito il Segretario Territoriale del FSI-USAE, Antonio Cascone, ha tuonato: “ Non è certamente il primo caso che si verifica in relazione ad operatori che vengono messi in auto isolamento ed ai quali non viene assicurata la celerità del tampone. Questo è un comportamento gravissimo in quanto, l’autoisolamento del dipendente, può determinare un evidente pericolo sia per lo stesso che per il proprio nucleo familiare, rischiando in tal modo di accendere un pericoloso focolaio anche all’interno del condominio in cui abita con il conseguente rischio del dilagare di un eventuale contagio. Tengo a precisare – continua il sindacalista – che a tutt’oggi non si conosce il protocollo, né la pianificazione, di chi tra il personale dovrebbe avere la priorità per essere sottoposto al tampone”. Questa la situazione al San Leonardo che attraverso la linea “Muto” manifesta, ove fosse necessario, la fragilità di un sistema sanitario che, da decenni ormai, la “politica” ha trasformato in un rigoglioso “pascolo elettorale” dove poter soddisfare le proprie necessità clientelari da sollecitare, esclusivamente, solo nei periodi in cui si svolgono le consultazioni elettorali.   

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