(Carlo Carrillo) – Il “bene comune” della comunità stabiese è stato gestito, dal 2013 a giugno 2018, in modo inadeguato ed in  netta antitesi con quelli che dovrebbero essere i principi ispiratori, ossia della tutela e della salvaguardia del patrimonio cittadino costituito dai patrimoni sia immobiliari che delle maestranze, con un atteggiamento spocchioso al limite della tracotanza e nell’indifferenza di chi, nel recente passato, avrebbe dovuto vigilare con attenzione su questo lacunoso modo di governare. In una caldissima ed assolata giornata di agosto dell’anno 2013, il neo sindaco di allora, Nicola Cuomo, nominò A.U. di Sint, una partecipata in house con azioni di proprietà interamente comunali, il sig. Biagio Vanacore. In quella stessa giornata fu nominato, alle Terme di Stabia, anche il compianto Fulvio Sammaria all’epoca componente del consiglio dell’ordine dei dottori commercialisti di Torre Annunziata. In quella precisa fase storica, bisogna ricordarlo per ricostruire il mosaico, il consigliere economico del sindaco in carica, nonché parente acquisito, risultava essere tal Paolo Giugliano, ex presidente dell’ordine dei dottori commercialisti di Taz. Orbene, dal quel fatidico giorno del 10 agosto 2013 accadde proprio di tutto. Il primo atto che fu attivato, subito dopo la messa in liquidazione di Terme di Stabia, fu il dissesto finanziario che comportò poi anche il fallimento della Multiservizi e tutte quelle che sono state le conseguenze nefaste derivate sulla scorta di quegli atti. Alla Sint consulenze “Sfuse e a Pacchetti”, pratiche giudiziarie costate un occhio della testa, basti pensare che Vanacore ha affidato la difesa di Sint per un procedimento intentato dai lavoratori di ex Terme ad un professionista stabiese prima, salvo poi sostituirlo con uno di Salerno con un incarico ai minimi tabellari nella motivazione, sperperando ben 100.000,00 euro circa quando, per poter tutelare la partecipata, sarebbe bastato ricorrere all’avvocatura comunale tanto ben rappresentata dall’esimio Donatangelo Cancelmo. Per non parlare poi dell’opposizione alla delibera 73/2018 del Commissario prefettizio, Cupello, un atto per il quale sono stati bruciati altri 15.000,00 euro circa, in quanto il Tar non si è pronunciato per la sospensione del provvedimento, mentre nel frattempo la richiesta era stata inserita a ruolo ordinario con il rischio, senza il ritiro dell’opposizione, di bruciare qualche altra decina di migliaia di euro. Ma il fatto più grave consiste nella richiesta della “Curatela Fallimentare di Terme” che, da qualche anno ha intentato una causa “temeraria” contro la Sint, coinvolgendo anche il comune in questa contesa, presso il Tribunale delle imprese con la richiesta di voler veder riconosciuta la responsabilità di Sint(e del suo azionista unico) del fallimento di Terme di Stabia e conseguenzialmente dell’intera massa debitoria che si aggirerebbe intorno ai 12milioni800mila euro. A conferma che qualcosa di eccentrico si sia verificato è confermato dall’atteggiamento di Sequino che ha secretato gli atti che, ad oggi, risultano essere solo nella sua personale disponibilità e di quella del Giudice Delegato. Si potrebbe provare a ricostruire la vicenda, alla luce di questa operazione, e tante delle cose che sono accadute potrebbero trovare la giusta spiegazione, forse anche la sentenza dell’otto agosto u.s., che ha visto soccombere i lavoratori presso il giudice del lavoro di Torre Annunziata, potrebbe trovare una “naturale” motivazione al netto delle ragioni motivate nel dispositivo. Occorre ricordare, infine, che nel mese di ottobre del 2017 la Sint, ed il Comune, pubblicarono due diversi bandi A.P.U., ottenuti grazie all’interessamento degli ex termali che coinvolgendo Pannullo riuscirono ad ottenere di poter partecipare a questi progetti. Ebbene, a tutt’oggi, quello del comune ha fatto il suo naturale percorso e sta per giungere al capolinea, mentre per quello Sint, abbiamo chiesto spiegazioni, nessuna risposta è stata data, non vorremmo fare illazioni né pensare male, ma considerato che a pensar male è peccato ma molto spesso ci si azzecca, e volendo continuare a rimanere nel novero dei grandi peccatori, ci vien da pensare che la pratica A.P.U., della Sint, sia artatamente rimasta nel cassetto al riparo dalla polvere e da eventuali sguardi indiscreti per evitare che potesse realizzarsi. Per questi atteggiamenti, e non solo per questi, sarebbe almeno il caso di avviare un’inchiesta al fine di poter dare delle risposte credibili a dei lavoratori mortificati nella dignità e lasciati anche senza alcun ammortizzatore sociale? Ah, saperlo!!!   

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